Psicologia perinatale: la gravidanza

by Claudia Ravaldi

Bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante

Friedrich Nietzsche

La gravidanza è un’occasione di profonde e radicali trasformazioni, fisiche e psichiche. La trasformazione più evidente, l’unica che spesso attira l’attenzione degli altri, è senza dubbio la trasformazione fisica.

La trasformazione del corpo della donna in corpo di madre occupa così tanto spazio negli occhi e nell’immaginario collettivo, che potremmo quasi pensare che la gravidanza sia essenzialmente solo questo: un corpo che prende spazio, un nascituro che occupa spazio fisico, occupa una pancia, modifica il corpo della madre, e nulla più. O poco altro, di realmente rilevante.

Invece questo grande impegno fisico del corpo della donna è accompagnato da un altro, impegno, ben più intenso, molto meno evidente e spesso totalmente ignorato dalla massa: l’impegno psichico/emotivo.

Le cellule di tutto il corpo, non solo quelle delle pareti dell’utero e del sangue, ma anche quelle delle ghiandole e del cervello, vengono improvvisamente impiegate e coinvolte dall’esperienza della gestazione. TUTTE.

Non solo: questo lavoro, che non si vede e quindi non si immagina nemmeno nella sua complessità, viene fatto in tandem con il bambino. Due entità, fino a un momento prima estranee (una addirittura fino a un momento prima del tutto inesistente!), iniziano a cambiare insieme. A trasformare insieme lo spazio, a trasformarsi reciprocamente. A condizionarsi, nel bene e nel male.

Il bambino occupa un chiaro ed evidente spazio fisico ma anche un più oscuro e meno evidente spazio relazionale e simbolico. Spesso lo spazio simbolico viene occupato fin da prima del concepimento: desiderare un figlio è come chiamarlo a occupare uno spazio sul piano psichico. Il bambino concepito, che cresce nello spazio fisico, occupa, dovrebbe occupare sempre anche uno spazio simbolico, anche piccino. Uno spazio nel pensiero della madre.

Il bambino è nutrito dalla placenta e dal sangue della madre, ma anche dai suoi pensieri, dai suoi neuroni e dai suoi neurotrasmettitori.

Tutto il corpo della madre è impegnato a creare: la creazione di pensieri e di spazi mentali è importante tanto quanto la vascolarizzazione della placenta. Per questo motivo la salute della donna, intesa secondo la definizione OMS di benessere fisico, psichico e sociale è di primaria importanza prima, durante e dopo la gravidanza.

Il bambino prima non c’era e ora c’è: non può non essere pensato.

Una donna in gravidanza è quindi una donna impegnata (sì, anche se dorme tutto il pomeriggio e passa la mattina a vomitare..). Impegnata su fronti diversi, impegnata a fare in contemporanea e spesso senza esserne consapevole tutte queste cose: una trasformazione dietro l’altra, una trasformazione dentro l’altra.

Una donna in gravidanza impegna (spende) notevoli energie psicofisiche. Le investe. Le appalta tutte in questo processo creativo (che non per niente è diviso in quattro trimestri, tre di gravidanza e uno di puerperio). Quando e se ne ha a sufficienza. Quando e se può prenderne in prestito un po’ da qualche sorella, madre, zia, nonna. Quando e se è emotivamente nutrita dal compagno. Una donna in gravidanza è quasi sempre dentro una coppia e spesso all’interno di una famiglia di origine: le persone intorno alla donna hanno grande responsabilità e influenza nel alleggerire o appesantire la gravidanza e tutte le sue trasformazioni: di questo parleremo in un altro post.

A volte, e capita spesso, le energie sono poche; a volte invece ci sono, ma sono nascoste così in profondità da non essere accessibili quando servono.

Ecco allora che la gravidanza, oggi così tanto edulcorata, idealizzata, banalizzata e svuotata di contenuti nel nostro immaginario collettivo e nella nostra cultura del “lo abbiamo fatto tutte senza tante storie” “mia nonna ne ha fatti sei e il giorno dopo era nel campo” e via discorrendo, è più simile ad un cantiere che ad un’oasi immacolata.

La gravidanza: lavori in corso!
In gravidanza ci si “sporca” le mani, perché si lavora, anche se non ce ne rendiamo conto, su un sacco di tematiche.
E in fondo, è bello così. Ma che fatica!

Come tutti i momenti di grande lavorio e cambiamento, anche la gravidanza può essere stressante, può associarsi a stress di diversa intensità, a disturbi transitori lievi o moderati o all’esordio di vere e proprie patologie psichiche.

A volte, la gravidanza riesacerba vecchi sintomi che credevamo ormai guariti, altre volte riattiva nuove fasi di malattie già note e trattate in precedenza.

L’umore in gravidanza: cosa c’è da sapere

La gravidanza e il periodo successivo al parto sono momenti caratterizzati dal succedersi di intense esperienze emotive, fisiche e psicologiche; tali esperienze riguardano soprattutto la donna, ma dal punto di vista emotivo possono essere condivise anche dal padre e dal nucleo familiare più stretto, che dunque hanno un ruolo di primo piano nel sostegno della madre sofferente.

Le modificazioni biologiche naturali che avvengono durante la gravidanza nell’assetto ormonale della mamma preparano la mamma e il nascituro a raggiungere nel migliore dei modi e ad affrontare il momento del parto; immediatamente dopo il parto, altre brusche modificazioni biologiche si susseguono per predisporre e mantenere l’allattamento.

La gravidanza, il parto e l’allattamento, spesso viste come un naturale insieme, un pacchetto unico, sono in realtà momenti molto ben distinti dal punto di vista fisiologico, ormonale e psicologico: ognuno di questi momenti può rappresentare un momento delicato per la madre che può fare esperienza di disagi emotivi e psicologici più o meno intensi e più o meno gravi.

Poche persone riflettono sull’importanza della gravidanza e del parto come momenti di passaggio evolutivi nella vita di una donna, che si trova a cambiare ‘stato‘, da figlia a madre a sua volta, passaggio sovrapponibile come intensità e ‘sconvolgimento‘ ad una vera e propria crisi adolescenziale.

L’oggetto di questo cambiamento riguarda l’acquisizione del ruolo di madre, la capacità di stabilire legami di cura e protezione, e un generale senso di competenza; il passare da un ruolo all’altro, pur facendo parte del ciclo vitale genera comunque una perturbazione emotiva e può essere dunque considerato un momento fisiologico di stress.

Una situazione di cambiamento così profonda (cambia il corpo, si sviluppa una nuova vita, cambia il proprio ruolo e necessariamente cambia anche il rapporto con il partner), può innescare tutta una serie di sintomi di disagio psicologico, spesso transitori e compatibili con l’adattamento alla nuova situazione, frequentemente ingravescenti. La percentuale di gestanti e di madri che soffre di un qualche disturbo psicologico durante o dopo la gravidanza più alta di quello che abitualmente si pensa (circa una donna su cinque).

I dati degli studiosi francesi (Esquirol, Louis Victor Marcé “Traité de la folie des femmes enceintes“), da sempre più sensibili a questo tipo di problemi, confermano l’importanza e la frequenza dei sintomi psicologici nelle donne in gravidanza e nelle puerpere.

Parlarne in modo adeguato e fornire informazioni corrette dal punto di vista scientifico è molto importante per promuovere la piena salute della donna e dei suoi bambini.

Sapere che quello che passa per la propria testa o per la testa della propria compagna non sono “capricci o sciocchezze“, e neanche “passerà, hai un bambino splendido è andato tutto bene ma come non sei contenta?“, ma possono essere disagi più o meno passeggeri da riconoscere come tali e da accudire anche attraverso il personale sanitario è importante, è possibile ed è estremamente utile.

Poter riflettere sui propri pensieri e sulle proprie paure, sottolineare i cambiamenti emotivi e riconoscerli è quindi un passaggio importante per tenere la situazione sotto controllo e poterla gestire con la sufficiente tranquillità e consapevolezza.

Non possiamo sapere in anticipo come reagiremo alla gravidanza e al post partum e non dobbiamo colpevolizzarci se quello che proviamo o pensiamo non corrisponde alle nostre aspettative, ai nostri desideri o a quello che avevamo immaginato prima di restare incinte.

Quello che invece possiamo fare:

  • metterci in ascolto di noi stesse e annotare durante la giornata i momenti tranquilli, quelli sereni e quelli difficili; scrivere può servire a fermare i pensieri e poi a lavorarci sopra successivamente;
  • imparare a osservare senza criticarci e giudicarci negativamente;
  • dividere la giornata in momenti distinti che comprendano momenti dedicati completamente a noi stesse e alla nostra nuova (e in parte ancora misteriosa) realtà;
  • esprimere i nostri bisogni apertamente: è importante imparare se ancora non siamo abituate a farlo;
  • dire no: la gravidanza e il puerperio sono momenti già abbastanza complicati e non c’è nessun bisogno di essere strattonate a destra e a sinistra da questo e da quello per fare cose che non ci interessano, che non ci piacciono, che non ci servono;
  • chiedere aiuto a persone fidate ogni volta che avete bisogno: se vi accorgete di non avere intorno persone sufficientemente fidate, il vostro consultorio di zona può essere una piacevole scoperta e un ottimo spazio per voi;
  • parlare apertamente alle ostetriche e ai medici di fiducia, liberamente e senza imbarazzi, delle paure, dei desideri, del piano del parto, di tutti i dubbi;
  • resistere alla tentazione di fare paragoni* con le altre donne e madri, rispetto a presunte bravure, bellezze e quant’altro: sei già competente e vai bene così, e se c’è qualcosa che vuoi e puoi cambiare, sei sempre in tempo!

*Vietare a chiunque intorno a voi di fare paragoni tra voi e le altre. Vedi i punti precedenti.

Mettere al mondo un bambino è un’esperienza talmente profonda e misteriosa che da sola riesce a dare alle donne una conoscenza sufficiente della verità.

Banana Yoshimoto

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